Villaggio Verde Roma: il privato che funziona e il pubblico che arranca (parte seconda)

(parte seconda)

Continua la chiacchierata con l’Architetto Pier Paolo Sigismondi (la prima parte è contenuta nel numero di settembre di 13 Magazine ed è disponibile sul sito www.13.magazine.it). L’invito è quello di andare a verificare tutte le informazioni che seguono con i fatti già ben visibili in cantiere. Dall’ingresso di via Corrado Cagli 57,  presso Macchia Casal Palocco, è possibile visitare tutta l’area: un intero villaggio sul punto di esser terminato nella parte residenziale, uno spazio fatto di verde, tecnologia, sostenibilità.

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Il Villaggio è un insieme coerente di abitazioni (tante le tipologie: dall’appartamentino di circa 40 mq alle ville angolari indipendenti) e ha a disposizione un parco pubblico, una pista ciclabile, una ricca vegetazione, futuri spazi commerciali e il meglio della tecnologia applicata alla casa (pannelli solari, riciclo delle acque, muri di schermo e frangisole, ecc..).

Molti degli appartamenti e dei villini sono stati già venduti. L’opportunità è in effetti unica: quella di vivere in uno spazio a misura d’uomo e in armonia con l’ambiente circostante. Vivere al Villaggio Verde significa risparmiare sull’uso dell’acqua, dell’elettricità, del gas, di tutto ciò che è necessario per mandare avanti la casa. Un acquisto che dunque rappresenta un doppio investimento.

 

Architetto P.P. Sigismondi, perché  in Italia di solito si pensa ai costruttori in maniera non propriamente benevola?

Ammetto che il costruttore è percepito in Italia, e a Roma in particolare, come una figura negativa spesso di provenienza ignota e dalla indecifrabile professionalità o ruolo (impresa, costruttore, immobiliarista, appaltatore, palazzinaro, villettaro, e chi più ne ha ne metta …)  . Io voglio invece che i miei clienti , soddisfatti del prodotto da loro acquistato, mi offrano un caffè! Ho il dovere di spiegare e comunicare per bene ruoli e competenze nella “produzione edilizia” e quello che noi tutti facciamo per loro. In Italia ci siamo abituati all’idea che dare un buon servizio ed essere efficienti è da ingenui e che servire è addirittura un’umiliazione. A Roma si dice addirittura qualcosa di più volgare: da noi ha un’accezione positiva spesso la parola “furbo” ! Noi vogliamo fare la nostra attività di servizio con orgoglio e soddisfazione . In tutto l’Occidente, con poche ma chiare norme, con equità fiscale, si riesce a rispettare le regole e a contribuire alla “res pubblica” (inventata proprio qui, a Roma). Dalle nostre parti invece professionisti specializzati nella “produzione di burocrazia” inventano norme bizantine e gestiscono la cosa pubblica in base al principio della “presunta malafede”. Ovvio quindi che a volte per sopravvivenza vengano aggirate le norme e gli spazi pubblici vengano abbandonati al declino dalla comunità, purtroppo ormai assuefatta a tale andazzo.

È per questo che avete realizzato innanzi tutto gli spazi pubblici?

Ripeto, abbiamo innanzitutto realizzato le opere pertinenti, il parco e le strade, semplicemente perché è ovvio e necessario per un insediamento residenziale! E poi pensate: lo prevede la legge dal 1942! Oggi il Municipio mi dice che non ha i fondi per prendere in carico, come previsto per legge , gli spazi pubblici da noi realizzati e  quindi gestirli ! Ho dunque proposto di gestirle come società o come supercondominio (oggi il codice, come in tutta Europa, contempla la possibilità di adottare il verde pubblico). In Municipio maggioranza e opposizione hanno cominciato a litigare, il Comune se ne è lavato le mani e la Regione ha messo i bastoni tra le ruote sulle modifiche che lo consentirebbero. Ad oggi, le opere pubbliche del Villaggio Verde Roma (strade, verde, illuminazione, area giochi per bambini, ciclabile, campi di calcetto e di beach volley) sono chiuse e tutti se ne fregano. Opere collaudate, belle, funzionali e potenzialmente fruibili ma chiuse al pubblico. Noi continuiamo a farcene carico e mantenerle in pieno decoro ed efficienza  come era previsto che facessimo per i primi due anni , con la sola differenza che ne sono ormai trascorsi quasi quattro ! Senza contare che c’è molto altro di più ampio respiro di cui si dovrebbe parlare, come ad esempio la mia proposta riguardo al “Municipio della sostenibilità”,  riportata in un vostro articolo di qualche mese fa che, se pur da “tutti” apprezzata e condivisa,  decanta da anni sulle scrivanie di tecnici e politici vecchi e nuovi “attivi” nel nostro territorio .

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